mercoledì 7 settembre 2011

Un freno alle nascite

Riflettendo sulle questioni connesse all'iper-sfruttamento del nostro pianeta. Le cause sono principalmente da addebitare al nostro tenore di vita troppo prodigo, diciamo pure al di sopra delle nostre possibilità. E' una questione complessa da affrontare coinvolgento alla base il nsotro intero sistema socio-economico, a livello mondiale, oltre che locale. La questione fondamentale però può ridursi ad una domanda che coinvolge una scelta: possiamo crescere sempre e indefinitamente o siamo arrivati oltre la possibilità di crescere e dobbiamo cercare di affrontare la china discendente?
A parte queste domande fondamentali ci sono però questioni pratiche pressanti e immadiate: come la crisi delle riserve del petrolio; e altri problemi materiali che riguardano energia e materie prime. Altre questioni riguardano piuttosto l'inquinamento, per tacere della questione forse più hot, almeno in vista del futuro sul nostro pianeta: la questione dei cambiamenti climatici.
Connesse inestricabilmente a tutte quante queste problematiche c'è poi l'enorme questione demografica. A questo proposito credo utile riproporre un intervista all'economista Jeffrey Sachs, apparsa sull'inserto TuttoScienze e Tecnologia de "La Stampa" di Febbraio dello scorso anno.

“Un freno alle nascite contro la bomba-Africa”
di Marco Bardazzi
Se l’Italia pensa di avere oggi un problema con l’immigrazione, aspetti di vedere cosa accadrà nei prossimi decenni in Africa. «A meno che non muti lo scenario, entro il 2050 ci saranno un miliardo di persone in più nell’Africa sub-sahariana, senza le risorse disponibili e in uno scenario di cambiamento climatico: questo significa crisi enormi, violenza, carestie e conseguenti gigantesche migrazioni di massa verso l’Europa». La previsione porta la firma autorevole di Jeffrey Sachs, l’economista della Columbia University ai cui consigli si affidano organizzazioni internazionali e vari governi di Paesi in via di sviluppo. Una voce influente anche all’Onu, dove collabora in modo stretto con il segretario generale Ban Ki-moon.
Il curriculum di Sachs fa sì che abbiano un peso su scala planetaria non solo le sue analisi, ma anche le soluzioni che propone. Nel caso dell’Africa, la ricetta prevede interventi «per una forte riduzione della crescita demografica: ciò significa diffondere la contraccezione e i metodi moderni di pianificazione familiare». La bomba demografica africana occupa una parte importante nell’ultimo libro di Sachs, «Il Bene Comune - Economia per un pianeta affollato» (Mondadori), appena uscito in Italia. Un manuale sui rischi cui va incontro il pianeta e i possibili metodi per affrontarli. Sachs ne parla dal proprio ufficio a New York di direttore dell’«Earth Institute» alla Columbia, tra un viaggio e l’altro in giro per il mondo: è appena rientrato dall’India, dove ha partecipato a un vertice sul clima, e lo attende un incontro a Roma del Programma alimentare mondiale dedicato a Haiti (è anche consigliere del presidente haitiano René Preval).
Nel libro lei analizza nei dettagli le previsioni sulla crescita demografica africana: contraccezione e legalizzazione dell’aborto in tutti gli Stati sono scelte indispensabili?
«Occorrono ambiziosi programmi di sviluppo che mirino ad abbassare simultaneamente il tasso di mortalità infantile e quello di fertilità. L’Africa e le sue risorse non sono in grado di sostenere l’esplosione demografica. Serve una significativa riduzione della crescita della popolazione. Vogliamo che avvenga attraverso sofferenze di massa, carestie e disastri?».
I cambiamenti climatici avranno un peso nel determinare gli scenari africani?
«Assolutamente sì, nell’Africa sub-sahariana le condizioni peggioreranno, alimentando le crisi. È vitale per l’Africa che si agisca sulla demografia, è decisivo per il benessere dei suoi bambini ed è molto importante per l’Europa, perché in caso contrario l’instabilità si farà sentire sulle sponde europee».
Parlando di clima, dopo il fallimento del vertice Onu di Copenhagen che atmosfera ha trovato a Delhi, dove nei giorni scorsi si è fatto il punto sul cammino verso il nuovo summit a fine anno in Messico?
«È improbabile che anche nel 2010, come nel 2009, si riesca a firmare un trattato sul clima. Se anche fosse raggiunto un accordo, è improbabile che gli Usa lo firmino».
Perché? «Per la situazione politica che si è creata negli Stati Uniti. Le elezioni americane di midterm del novembre prossimo potrebbero complicare ulteriormente le cose. È l’ora di un approccio diverso».

Quale?
«Invece di concentrarci sul tentativo di mettere a punto un trattato da far firmare a tutti, dobbiamo mirare a soluzioni pratiche e immediate. Nuovi programmi di finanziamento ai Paesi in via di sviluppo. Azioni contro la deforestazione. Iniziative per diffondere l’energia solare in Africa. Passi pragmatici, invece di grandi discorsi. Se mostriamo risultati specifici rimetteremo in moto il meccanismo». Non è una rinuncia definitiva alle ambizioni che precedevano Copenhagen? «Gli ostacoli che sono emersi negli Usa e anche in Cina non cadranno nel 2010. Meglio mostrare progressi reali su alcuni aspetti del problema». È un segnale che ha perso fiducia in Obama, il presidente che legge i suoi libri e li usa nei suoi discorsi? «Sono contento che mi legga. Ha detto cose importanti sulla modernizzazione delle infrastrutture e sull’economia “verde”. Ma nel complesso l’amministrazione non ha dato per ora seguito alle promesse, è stato un primo anno deludente. Penso che Obama sappia bene dove dobbiamo andare, ma vorrei vedere passi concreti per arrivarci. Non sarà facile, perché la situazione politica peggiora».

Cosa legge dietro la recessione dello scorso anno e il nuovo panico di questi giorni sui mercati globali?
«Le cause immediate sono legate all’andamento dei mercati finanziari, ma credo ci sia qualcosa di più profondo. Stanno emergendo i segni della carenza di risorse del pianeta. La debolezza della ripresa negli Usa e in Europa è legata anche al fatto che mancano chiari modelli di sviluppo sostenibile».

Da "La Stampa" del 10/02/2010, pag. 17

Link:
L'articolo era già stato ripreso dall'interessante sito "Rientro Dolce"
L'articolo su Rientro Dolce:Intervista all'economista Jeffrey Sachs

sabato 3 settembre 2011

Stiamo consumando il nostro pianeta

Solo ieri riflettevo sulla necessità di riprendere periodicamente in esame fatti e notizie, riesaminarli da un ottica diversa, soffermarsi a pensare.

Ecco, nel post qui sotto linkato, ampi motivi di riflessione.
Siamo in bancarotta verso il pianeta Terra
A questo articolo ne aggiungo di seguito stralci di un altro, un articolo pubblicato sul sito di Repubblica quasi un anno fa, in cui in diretta sul sito avveniva la presentazione del "Living Planet Report", con gli esperti del Wwf in studio

E' appena il caso di notare che il perdurarsi e l'aggravarsi della crisi mondiale ha relegato queste preoccupazioni di fondamentale importanza per il futuro ancora più ai margini delle agende della politica e delle preoccupazioni dei decisori mondiali, i padroni di economia e finanza, e delle impotanti istituzioni che ne sono diretta emanazione.

Stiamo consumando il nostro pianeta
di ANTONIO CIANCIULLO
ROMA - Oggi consumiamo più risorse di quelle che la Terra può fornire senza impoverirsi e colmiamo la differenza rubando l'acqua che scorre in falde acquifere che non si rigenerano, bruciando foreste che si trasformano in deserto, pescando tanti pesci da spopolare i mari. C'è già di che preoccuparsi, ma il futuro - in assenza di una rapida correzione di rotta - è ancora più preoccupante: il bilancio si aggraverà pesantemente già nel 2030. E' l'allarme contenuto nel "Living Planet Report", il rapporto biennale realizzato dal Wwf in collaborazione con la Zoological Society di Londra e il Global Footprint Network, che nell'anno internazionale della biodiversità e a pochi giorni dall'apertura della Conferenza di Nagoya che dovrà decidere le nuove strategie per fermare il tasso di perdita della biodiversità al 2020.
Quello che emerge è un quadro grave, che offre anche una chiave di lettura per capire la crisi economica che stiamo attraversando: una crisi che s'intreccia con la minaccia di bancarotta ecologica. Sovrappopolazione, sprechi, disattenzione hanno portato a un saccheggio crescente delle materie prime e delle fonti energetiche che oggi hanno un andamento fortemente instabile dal punto di vista dei prezzi e disastroso dal punto di vista ambientale: la depurazione dell'acqua, la fertilità del suolo, la stabilità dell'atmosfera (e quindi del clima) sono servizi gratuiti che la natura offre e che la crescita umana senza controllo sta minando.

Links:
Ecco il link all'articolo completo:Stiamo consumando il nostro pianeta
Lo "spunto iniziale":Siamo in bancarotta verso il pianeta Terra


venerdì 2 settembre 2011

E' quasi troppo tardi

Ogni tanto è bene voltarsi indietro.
Nell'età dell'informazione si rischia di essere sotterrati da un oceano sconfinato di notizie che si annullano le une con le altre.

Ecco perché è bene ogni tanto fermarsi, per riflettere e guardarsi un po indietro, per riconsiderare gli avvenimenti e le notizie, magari per riprenderle in esame con un attenzione diversa.

Effetto serra, aumento record dei gas nocivi 4 gradi di temperatura in più entro il 2100(*)
31 maggio 2011 — pagina 61 sezione: CRONACA
LONDRA
È quasi troppo tardi per salvare il mondo dall' effetto serra(**). Le emissioni di gas nocivi hanno subito un aumento record lo scorso anno, arrivando a sfiorare la soglia che gli esperti giudicano pericolosa, varcata la quale sarebbe impossibile evitare una catastrofe. Il scioccante incremento, avvenuto a dispetto della recessione internazionale, rende "quasi un' utopia" l' obiettivo di impedire un aumento della temperatura media del pianeta di 2 gradi centigradi o più nel prossimo futuro, afferma Faith Birol, capo economista dell' International Energy Agency (Iea), un cui nuovo rapporto ha dato l' allarme. L' anno scorso, secondo una stima dell' Iea, una quantità senza precedenti di 30,6 gigatonnellate di CO2 è entrata nell' atmosfera, un aumento di 1,6 gigatonnellatte rispetto al 2009. La Iea calcola che, se il mondo vuole evitare gli effetti peggiori risultanti dal cambiamento climatico, le emissioni di gas nocivo non dovrebbero superare il livello annuale di 32 gigatonnellate entro il 2020. Ma tale limite, se le emissioni continueranno al ritmo attuale, verrà superato già nel 2011, con nove anni di anticipo sulle peggiori previsioni, rendendo impossibile mantenere il surriscaldamento a un livello accettabile. «A questo ritmo avremmo una possibilità del 50% di un aumento della temperatura globale della terra di più di 4 gradi centigradi entro il 2100», commenta lord Stern, il docente della London School of Economics autore del famoso rapporto sul cambiamento climatico che porta il suo nome. «Una simile eventualità sconvolgerebbe le vite di milioni di persone in tutto il pianeta, conducendo a migrazioni di massa e conflitti. È un rischio che qualunque persona sana di mente vorrebbe ridurre drasticamente». Secondo il capo economista della Iea, il disastro potrebbe ancora essere evitato, se i governi prendono sul serio il nuovo segnale di allarme. «Se ci saranno azioni urgenti, determinate e coraggiose, abbiamo ancora una chance di farcela», afferma Birol. Ma è quasi troppo tardi(**). - DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ENRICO FRANCESCHINI



(*)http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/05/31/effetto-serra-aumento-record-dei-gas-nocivi.html
(**) I corsivi sono miei.